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venerdì 12 ottobre 2012

L'effigie di San Donnino sulle guglie del Duomo di Milano


Tra le innumerevoli statue che svettano sulle cuspidi del Duomo di Milano è possibile scorgere anche l’effigie di San Donnino.

L’identificazione della statua, collocata sul lato sud dell’edificio gotico, è confermata dall’iscrizione incisa nel basamento: S.DONNINVS. Come si può vedere dalla bellissima foto scattata da Claudio Bertolesi, si tratta di una scultura di gusto classicheggiante, databile tra il XIX e il XX secolo: probabilmente essa venne realizzata su suggerimento dello stesso arcivescovo, il beato Andrea Carlo Ferrari, presente nel 1893 alle solenni celebrazioni del 16° centenario del martirio del santo, indette dal vescovo di Borgo, mons. G.B. Tescari.

Il modello iconografico a cui si ispira l’ignoto scultore lombardo si discosta decisamente da quello tradizionale, con il santo decapitato che si rialza e attraversa lo Stirone reggendo la testa recisa tra le mani: un atteggiamento che assimila San Donnino ai cosiddetti santi cefalofori e, in primis, a s. Dionigi, il vescovo-martire, patrono di Parigi e di Francia. 

Sulla cuspide del Duomo di Milano, San Donnino ha invece come unici attributi l’armatura del legionario romano, il gladio sguainato e la palma che ricorda il martirio, avvenuto secondo la tradizione alla fine del III secolo, sotto l’imperatore Massimiano. Manca ogni accenno al ruolo di San Donnino, quale prodigioso taumaturgo, invocato per secoli per ottenere la guarigione nei casi di idrofobia, la pestifera rabbia canina, contro cui nulla poteva l’antica scienza medica. 

Questa particolare funzione antirabbica di San Donnino è evidenziata, come vedremo, in alcune antiche immagini dalla presenza ai piedi del santo di un cane ammansito o al contrario di minacciosi molossi saldamente legati alla catena e soprattutto dal calice. Appunto il calice o coppa di San Donnino, con cui anticamente si usava dare da bere il vino e l’acqua benedetta agli ammalati che ricorrevano alla protezione del santo: essi si recavano nel Duomo di Fidenza, ma anche nelle altre chiese a lui dedicate, tra cui quelle di Pisa, Bergamo, Verrucchio e altre ancora, per ottenere la grazia.



Timoteo Viti. La Madonna col figlio e Santi. 
Milano Pinacoteca di Brera


La bellissima statua collocata sul lato sud del Duomo di Milano non è però l’unica immagine di san Donnino rintracciabile nel capoluogo lombardo. Un’altra interessante e poco conosciuta testimonianza iconografica relativa al patrono di Borgo è infatti custodita presso la Pinacoteca Nazionale di Brera. Si tratta di un dipinto di epoca rinascimentale, raffigurante la Madonna col Bambino tra San Crescentino e San Donnino, attribuita al pittore marchigiano Timoteo Viti (Urbino, 1439- 1523), concittadino e amico del grande Raffaello.

Pervenuto a Brera in seguito alle spoliazioni napoleoniche, il prezioso dipinto apparteneva in origine alla chiesa di Santa Croce di Urbino, città e diocesi di cui San Crescentino, un martire militare del IV secolo, è il principale patrono e protettore: la sua associazione con san Donnino è dunque una prova ulteriore dell’ampia diffusione del culto del martire fidentino. 

Fuori dalle mura di Borgo il culto del santo si è infatti irradiato in tutta l’Emilia, in Lombardia e in Toscana e appunto nelle Marche dove è presente: non solo ad Urbino ma anche ad Ancona, Camerino e in altri centri meno conosciuti.

Come si può vedere Timoteo Viti ha voluto rappresentare San Donnino con ricchi abiti rinascimentali, attualizzando così il dato tradizionale, che lo vuole ufficiale di corte presso Massimiano con il prestigioso incarico di cubicularius. 

Altro motivo iconografico di grande interesse, presente in questo dipinto, è il calice che San Donnino tiene tra le mani, per ribadire il suo indiscusso potere antirabbico, chiaramente confermato dall'atteggiamento inoffensivo del cane accucciato ai suoi piedi.


Guglielmo Ponzi

Pubblicato da "Il Risveglio"  12 ottobre 2012

3 commenti:

  1. In tutti gli anni di letture sul nostro Patrono, mi sono resa conto che S. Dunén, l'é ändè in väjón äbòtta, däd ché e däd là cum la sò testa in man.
    Claretta

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  2. Rispondendo al commento di Claretta debbo dire che recentemente ho avuto segnalazione di vari luoghi, noti e non noti, in cui il santo è venerato. Le segnalazioni sono principalmente relative a luoghi connessi con l'asse della Via Emilia.

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  3. Comunque la si metta, questa è storia (e non solo dell'arte).

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