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lunedì 21 ottobre 2013

La globalizzazione della solitudine

Riporto nella sua integralità questo scritto di Franco Bifani, che ho corredato di immagini e da due note per gli illetterati come "io sono e fui". Ricco di citazioni, talvolta l'autore è richiamato col solo nome a rimarcare una vicinanza che alla fine ha voluto estendere ad alcuno di noi.  


Solitudine ed indifferenza

Non sum qui fueram: periit pars maxima nostri; hoc quoque quod superest languor et horror habent. (Vedi nota 1)
L'indifferenza morale è una malattia perniciosa, cronica, endemica e maligna; ed è anche molto contagiosa, dato che trova terreno fertile nella maggioranza degli esseri umani, od almeno tali, all'apparenza. Chi diviene indifferente, ha scavato una fossa per sé ed un solco che lo divide dal prossimo suo. 

Me ne frego! Chi se ne frega! Sono queste le giaculatorie ripetute, più volte al giorno, da chi ci vive accanto. Ognuno per sé e Dio per chi, fesso, ci crede. 
Avverto, in chi mi sta d'attorno, il cinismo, verso il mondo esterno, persino verso il proprio; nulla è investito di un minimo interesse, non esce allo scoperto nessuna espressione emotiva, perché non esiste. 
Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat Veritas (vedi nota 2); ma chi la cerca mai, Agostino? 
L'apatia e l'atarassia vengono rifocillate e ricostituite ad ogni pasto. Stanno tutti alla finestra, a sbirciare, poi ti chiudono le imposte, in faccia se s'avvedono che guardi in su. La loro anima soffre di una paralisi costante e progressiva, vivono, come zombies, una morte prematura dell'anima, soffocata da una muffa maleodorante; la loro religione è l'indifferenza. 
Essi operano passivamente, boicottando il progresso, strangolando l'indignazione, sconvolgendo i piani costruttivi, i progetti alternativi; si ribellano all'intelligenza e la sabotano. Non sono l'odio ed il rancore ad uccidere, ma l'indifferenza, quintessenza della disumanità.
Ognuno sta solo sul cuor della terra, Salvatore; Solo e pensoso i più deserti campi..., Francesco; Solitudine, dura e cara, Diego. Ma un uomo solo è pur sempre in cattiva compagnia; lo riconobbe anche Dio Onnipotente: Non è bene che l'uomo sia solo. 



 Ma io non voglio essere accomunato con chi vive sanza infamia e sanza lodo, non me la sento proprio di far parte della setta de' cattivi, a Dio spiacenti ed a' nemici suoi. Mi pare di vivere tra rette parallele, che mai si intersecano. 
 Ognuno a guardare il proprio misero orticello, dai frutti amari e rinsecchiti, rannicchiato nel proprio livido egoismo. Io non mi rassegno, Eugenio, a questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. E raramente godo, ancora tu, Montale, di quell'attimo in cui solo i pochi viventi si riconoscono per dirsi addio, non arrivederci. E mi ricordo, Primo, di come sapesti descrivere l'incontro tra te, sub-umano giudeo, ed il Superuomo ariano delle SS, che ti esaminava, attraversandoti con il suo sguardo gelido,come tu fossi di vetro. E non posso, Giuseppe, nemmeno stare con le quattro capriole di fumo del focolare, perché non possiedo un camino.



Ma, in mancanza forzata di significativi rapporti interpersonali, per la discrepanza tra le relazioni umane che desidererei avere e quelle che effettivamente mi ritrovo a subire, per la loro natura intima, per colpe, senz'altro, anche mie personali, al rapporto reale, anche solo occasionale, ma deludente, preferisco quello virtuale, di tanti amici ed avversari, qui sopra, sul web, su questa rubrica, tra dialoghi e duelli, che mi accendono dell'illusione di comunicare con esseri vivi e viventi. 
Solo così posso evitare la sensazione di finitezza della mia esistenza, l'illusione di una pienezza dell'esperienza personale ed il senso di vuoto ch'essa mi lascia, nel cuore e nella mente.
Dedicato, soprattutto, ad Ambrogio, alla Claretta e a Tonino, con i quali intercorrono affinità elettive con questo professore in pensione, condannato al solipsismo.
Franco Bifani


NOTA 1
"Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avanza è sol languore e pianto."
Come traduzione utilizziamo l'inizio di un sonetto composto da Ugo Foscolo in giovane età che riprende appunto la massima tratta dalle Elegie, I, 1-2 di Massimiano: "Non sum qui fueram: perit pars maxima nostri;/ hoc quoque quod superest languor et horror habet"

NOTA 2
Non uscire da te stesso, rientra in te stesso: nell'intimo dell'uomo risiede la verità.
Sant'Agostino

4 commenti:

  1. Biffino, io distinguerei tra solitudine ed abbandono. La prima è una situazione spesso desiderata e, a qualcuno, giunge persino come un dono e un privilegio. Il secondo è doloroso perché, chi lo subisce, viene rifiutato e bandito dal cuore dei suoi simili, peggio ancora se parenti. Rimango interdetta nel vedere persone che gridano allo scandalo, inorridite per l’abbandono di un animale, quando sò, per certo, che non vanno mai a trovare i propri famigliari e neppure telefonano, adducendo, come motivo, la mancanza di tempo. Allo stesso modo mi si stringe il cuore nel sentire persone che si vantano di ricevere visite bi-giornaliere da chi, in verità, le usa per trovare i pasti pronti, il bucato fatto, rammendato e stirato e l’asilo per i piccoli. C’è chi telefona all’amica, piangendo e šgnufflando tutto il giorno sulla sua solitudine e intanto che l’amica s’intrattiene, per ore, al fine di consolarla, dall’altra parte vengono interrotte da due persone che chiamano al cellulare e tre che suonano il campanello della porta. In questi casi l’amica al telefono viene congedata immediatamente. Senza contare che, quando l’amica va a farle visita a casa, la trova attorniata da figli e amici. Questa pappardella, Biffo per dirti quanto, anche la solitudine sia soggettiva e relativa. La SOLITUDINE del Petrarca, di Giuseppe Ungaretti, di Eugenio Montale, di Primo levi, ha origini e natura diverse per ognuno di loro ed è diversa da quella che tu definisci, oggi, “globalizzata”. Menzioni anche Diego Valeri che ci dice. “...pur non è triste il nostro stato...” Cioè quello suo e della sua compagna SOLITUDINE. Ordunque, Biffino, spesso ci sentiamo soli e vediamo intorno tanta indifferenza, perché speriamo e pretendiamo troppo dagli altri, i quali, a loro volta, avvertiranno le stesse impressioni se la loro aspettativa è superiore alle forze di chi li circonda. Sapessi quante volte mi viene voglia di implorare: “Non gettatemi in un gomitolo di strade..” Parché än g’ho mia pö la forsa...Invece non dico niente e mi lascio gettare. Niente paura, Biffo, la tua finitezza ha da venire ed è ancora lontana. Inoltre se tu avessi rincorso la rotula, mentre rotulava lungo la strada, salteresti i fossi per il lungo. Grazie per la dedica.

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  2. ... l’ ig-nobile ----- giuseppi-Pamphilj “in-eletto emerito voltagabbana carrierista” :
    ma chi l’ha mai eletto ?
    non certo il POPOLO ITALIANO !!!

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    1. Ai ragione, molto meglio il birraiolo Matèu Uèila e la Vispa Teresa Giorgia Ahò o il generalone Arancione Pappalardo eia, eia alalà. Se tutti i voltagabbana ineletti dai mejo italiani di Destra o Sinistra fossero come Conte! Certo, è un tiranno subdolo, un dittatore strisciante, obbliga tutti al distanziamento e alla mascherina, un vero bastardo. Posticipa il lockdown ad ottobre, per arricchirsi e strafogarsi ancora a Villa Pamphili, ‘sto infamone!

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  3. Mi sono accorto solo ora del Aj senza H. Ogni tanto il PC scrive quel che gli pare

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