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giovedì 11 settembre 2014

Il settimanale "il Risveglio" sul caso della Coop. Di Vittorio

"Forse questo è il vizio iniziale del processo di deterioramento che ha interessato la cooperativa Di Vittorio: l’aver dimenticato la missione che si era inizialmente data tutta centrata sulla mutualità che a sua volta non ha altro riferimento che le persone e, in questo caso, i soci" così il settimanale diocesano "il Risveglio" rilegge la vicenda Di Vittorio, la cooperativa fidentina che che attende di accedere alla procedura concorsuale di concordato.   
L'articolo è pubblicato a pagina 5 del settimanale in distribuzione da domani agli abbonati. 


7 commenti:

  1. Signor Ponzi, Lei, quale borghese, capitalista, imperialista, nemico del popolo, al servizio della reazione, è stato iscritto nel registro degli indagati della CEKA di Borgo e sarà processato da elementi delle toghe rosse, dinnanzi al Tribunale del Popolo di Parma.

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  2. Cari amici vi accludo questa precisazione tratta direttamente dal sito della Lega delle cooperative su:

    Le differenze fra società cooperative e società di capitali

    I principi ispiratori della cooperazione (la mutualità, la solidarietà, la democrazia) determinano una profonda differenza tra le imprese cooperative e le altre società di capitali (ad esempio le società per azioni).

    La prima differenza è che all'interno di una cooperativa vige la democrazia: ogni socio ha diritto a un solo voto (principio "una testa, un voto"), mentre nelle altre imprese di capitali i soci contano in funzione del capitale conferito.

    La seconda differenza riguarda le finalità dell'impresa: per le società di capitali il fine unico è il profitto, per le cooperative, invece, il fine è la mutualità.

    Concretamente, mentre per l'impresa di capitale gli utili vengono divisi tra gli azionisti in funzione delle quote di capitale, al contrario gli utili di una cooperativa vengono quasi interamente reinvestiti nello sviluppo della cooperativa stessa e nel rafforzamento del patrimonio cooperativo, formato dalle cosiddette "riserve indivisibili".

    In caso di scioglimento della società, il patrimonio sociale deve essere donato ai fondi di promozione cooperativa, che si occuperanno di promuovere la nascita e lo sviluppo di altre cooperative.

    Ciò comporta che, mentre gli azionisti di una impresa ordinaria risultano essere i veri proprietari dell'azienda, i soci di una impresa cooperativa sono soltanto i gestori di un patrimonio fortemente legato ad un territorio e che verrà trasmesso alle future generazioni.

    Per questo le cooperative sono imprese che mettono al primo posto le persone rispetto al denaro, il lavoro rispetto al capitale.

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  3. “La Coop siamo noi”. Hanno però protesta alcune dipendenti dei supermercati Coop, nel giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, rivolte alla testimonial del marchio Coop, Luciana Littizzetto, per denunciare la loro situazione lavorativa.
    Nella lettera aperta, esse denunciano la situazione che si nasconde dietro al “sorriso della cassiera": “La nostra busta paga non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette, comprese tutte le domeniche”
    Per le donne impiegate in Coop la realtà è ben diversa dall’ambiente “accattivante e simpatico” descritto nello spot. Le lavoratrici “sono la maggioranza, circa l’80% dei dipendenti”. Ma “a comandare sono tutti uomini e non vige certo lo spirito cooperativo”. Gli esempi sono tanti: “Per andare in bagno bisogna chiedere il permesso e possiamo anche aspettare ore”; i turni “possono cambiare anche all’ultimo momento, con una semplice telefonata”, e “il lavoro precario è molto diffuso. Può capitare di essere mandate a casa anche dopo 10 anni. Viviamo in una condizione di quotidiana ricattabilità, sempre con la paura di perdere il posto. Ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell’altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione”.
    E in chiusura le lavoratrici invitano l’attrice a un confronto: “Ci piacerebbe incontrarti e proporti un altro spot, in difesa delle donne e per la dignità del lavoro”. “Il documento è stato prodotto da un gruppo di dipendenti iscritte e delegate, e due assemblee, a Roma e a Napoli, hanno dato mandato alle firmatarie di diffondere la lettera“, spiega a IlFattoQuotidiano.it Francesco Iacovone, coordinatore nazionale di USB Commercio. “Ci siamo occupati di un caso rilevante di molestie sessuali, che si è concluso con l’allontanamento del dirigente coinvolto, e abbiamo intrapreso una serie di vertenze per stabilizzare i lavoratori precari”.
    Da parte sua, il gruppo Coop rivendica di essere un “sistema di imprese dove l’occupazione, pur in presenza di un periodo di crisi senza precedenti, si è mantenuta stabile, garantendo condizioni di qualità: l’88,9% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato, e le donne rappresentano il 68,5% del totale dei lavoratori Coop”, di cui il 16,1% ricoprono una posizione dirigenziale.
    “Pur comprendendo le difficoltà di chi si trova in una condizione di lavoro precario – scrive l’azienda in una nota stampa – riteniamo assolutamente infondate le informazioni contenute nella lettera aperta sia per quanto attiene i salari corrisposti, non certo compatibili con gli standard retributivi di un lavoratore a tempo pieno, sia anche per le modalità organizzative del lavoro”. Coop ricorda che “la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è parte integrante degli statuti delle cooperative” e precisa: “Quanto alle gravi affermazioni contenute nella lettera sull’esistenza di ‘molestie da parte dei capi dell’altro sesso per salvare il posto’, qualora fossero suffragate, saremmo noi i primi a invitare le dirette interessate a sporgere regolare denuncia dell’accaduto agli organi responsabili della cooperativa”.
    Interpellata, la Littizzetto non intende al momento prendere posizione pubblicamente sulla vicenda.
    Ho riassunto l'articolo di Chiara Merico, su Il Fatto Quotidiano del 26-11-2012. E' solo un esempio, ma riguarda quella che è la maggior azienda cooperativa italiana. Dopodiché, sappiamo che è stata denunciata la cattiva abitudine, di tante cooperative, di chiedere laute prebende, a chi vuole essere assunto. Lei che ne dice, signora Carapezzi, sono tutte maligne e basse insinuazioni da parte di elementi fascistoidi? Sempre che Lei abbia la bontà e la cortesia di rispondermi, naturalmente...

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    1. Le cooperative non sono immuni dalle criticità proprie dei luoghi di lavoro; né questo, però, fa venir meno il principio alla base di questo modello di società. L'esecrabile situazione segnalata dalle dipendenti Coop evidenzia che l'uomo (maschio o femmina che sia) è imperfetto. Certo che all'interno di questo modello societario ci si aspetterebbe maggior rispetto delle norme giuslavoristiche che regolano il mondo del lavoro. Tanto altro ci sarebbe da dire. Affrontiamo per ora la questione delle quote di adesione.
      Nelle cooperative di lavoro o di servizi, siano esse afferenti al sociale o no, onlus o non onlus, già dagli anni '90 si è diffuso il costume di elevare la cosiddetta quota associativa a cifre cospicue. Divenire socio-lavoratore di una cooperativa implica la sottoscrizione della quota associativa che va a costituire il capitale sociale. L'ammontare di questa quota è stabilito nell'atto costitutivo e, successivamente, è l'Assemblea Generale dei Soci che in sessione straordinaria delibera l'eventuale aumento. Lo statuto prevede di norma anche le modalità di restituzione dell'importo sottoscritto all'atto recesso. Penso che il lavoro sia un diritto e che non si debba "pagare" per ottenerlo, ritengo che le quote debbano essere molto basse. Credo che una cooperativa costituita da anni, debba agire virtuosamente utilizzando gli utili ottenuti a consolidamento della posizione patrimoniale, affinché le quote associative restino ai minimi previsti, credo si aggiri oggi in circa 50 euro. La sottoscrizione di quote associative "generose", altro non è che una forma di finanziamento gratuita alla cooperativa cui si decide di aderire. Tanto più che queste somme, sottratte mese per mese dalla già magra busta paga, non sono immediatamente restituite, qualora il socio-lavoratore receda dalla cooperativa. Il valore delle quote associative cresce di solito, a pari passo con la dimensione societaria e con le esigenze di investimento (in presenza di bilanci sani) ed è una subdola forma di autofinanziamento a costo zero. Sì a costo zero, perché se pure è prevista una lieve remunerazione della quota associativa, nei fatti, questa non viene quasi mai presa in considerazione.

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  4. Grazie, Silvia. Appena hai tempo e voglia forniscici chiarimenti anche sulla situazione di alcuni supermercati che chiedono una discreta cifra a coloro che fanno domanda per essere assunti. In questo caso, questi lavoratori diventano soci o cos'altro?

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    1. Va chiarito se si tratta di supermercati gestiti in forma cooperativa o se invece è un'altra forma di società, srl o spa o snc etc. Appurato che fosse per esempio una cooperativa, sarebbe buona cosa che quando il candidato si vede accettata la domanda di assunzione e va a colloquio per il perfezionamento dei documenti, cerchi di capire se gli viene chiesto anche di aderire alla cooperativa e quale è il regolamento che disciplina tale adesione. Se gli sono sottoposti dei documenti da firmare, del quale occorre farsi dare sempre la copia firmata, si desume l'importo di quota sottoscritto e le modalità di sottoscrizione o ritiro al momento della dimissione. Qualunque altra cosa è un reato bello e buono.

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  5. Di nuovo grazie, Silvia. Esplicita come sempre.

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