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domenica 8 maggio 2016

Un umile ed oscuro vicolo ci riporta nella storia

Gli Statuti di Borgo

Un umile e oscuro vicolo, nei pressi del Comune, porta il nome di Guglielmo Pencaro, appartenente ad una famiglia di giureconsulti di cui si hanno notizie nel XIII secolo. Sembra infatti che una raccolta di leggi fosse stata data a Borgo per opera di un certo Pietro Pencaro, o Pencari, nel 1281.



Secondo gli studi del Cassi, potrebbe essere stato parente di quel Guglielmo che fu capo della Comunità nel 1235, studioso di diritto pubblico presso l'Università Parmense dove il momento storico faceva rifiorire gli studi del diritto romano.
Il manoscritto dello statuto borghigiano, uno dei più vecchi d' Italia, è andato distrutto. 

Il prevosto Pincolini ne parla nel 1750, dopo averlo esaminato, ma l'unica osservazione riguarda la lacuna della mancanza di disposizioni contro i furti, molto comuni a quei tempi, “il che significa – egli osserva- che allora erano tutti galantuomini”.
L'intestatario della via, però, secondo il Soresina, sarebbe nato a Fidenza agli inizi del XV secolo. Figlio di un esattore che occupava in Borgo S. Donnino il compito di riscuotere le decime e i frutti che spettavano alla mensa episcopale di Parma (Borgo era ancora sotto la giurisdizione del Vescovo di Parma).
Guglielmo, morto a Ferrara il 26 giugno 1476 e ivi sepolto nella chiesa di S. Nicolò, sembra comunque discendere dai precedenti.

Anche degli Statuti viscontei, da quello anteriore al 1386 a quello di Filippo Maria Visconti del 1425, non esistono più i manoscritti, ma vari codici cartacei , la maggior parte trascritti nel XVI secolo.


"La cà del boia" di Borgo san Donnino nell'ottocento
Circa trecentocinquanta articoli regolavano gli atti dei governanti e dei governati:
  • alle autorità civili e militari  era proibito partecipare in Borgo a qualsiasi pranzo di privati , tranne a pranzi di nozze
  • ai Notari era fatto obbligo di tenere il libro delle Vendite e di provvedere a loro spese perché una lampada rimanesse sempre accesa nella Chiesa di San Donnino in onore del Santo Patrono
  • Podestà e Consoli , anche dei villaggi vicini, dovevano fare un'offerta di cera nel giorno di San Donnino ed intervenire alla funzione nella chiesa con pena di multa per chi avesse mancato
  • le chiavi delle Porte della Fortezza dovevano essere mutate ogni due mesi
  • nessun forense poteva entrare in Borgo senza licenza
  • per venire ad abitare in Borgo occorreva licenza del Podestà e dei Sapienti
  • nessuno osasse contrarre matrimonio con membri della servitù o della “masnada”; nessuno facesse strepito dinanzi alla porta di chi si sposava; nessuna meretrice, nessun ruffiano, gajufus et huiusmodi similes personae,  osasse abitare nel territorio di Borgo
  • il Podestà, d'accordo con i Sapienti , ogni mese doveva fissare il calmiere del pane e delle carni
  • un disciplinare era stabilito per diritti e doveri  di Calzolai, Osti, Ferrai, Drappieri, Sarti, Molinari, Beccai e Lardaroli
  • pene erano stabilite per coloro che arrecavano danni alle vigne, alle siepi, ai prati, agli alberi, ai boschi

Nell'amministrazione della giustizia erano contemplati i vari casi di accusa, denuncia, processi...con la definizione delle varie pene. Per esempio l'insulto: con armi, senza armi, nel Palazzo, in piazza, in chiesa, in casa propria... Percosse con spargimento di sangue o senza, di notte o di giorno...
       -ladro famosus o non famosus
       -amputazione della lingua per falsa testimonianza
       -fuoco per il sodomita
       -forca per il plagiario
       -morte per il venefico
       -espulsione da Borgo e pene pecuniarie per chi teneva bische

Il Laurini così conclude: “Queste le principali disposizioni dei nostri Statuti Municipali del 1391, che vennero riformati dalla Comunità nel 1526 per riguardo le successioni ab intestato, e fatti approvare prima da Papa Paolo III il 22 ottobre 1535, e in seguito approvati anche dall'Imperatore Carlo V il 17 agosto 1548. Gli Statuti  furono di nuovo riformati dalla Comunità il 14 dicembre 1572 per riguardo alle estorsioni dei campari, alle successioni ab intestato, al modo d'impedire ai mezzadri di poter rubare le legne ricavate dalle terre da loro coltivate, ecc".
Marisa Guidorzi


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