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domenica 20 agosto 2017

I partigiani parmensi del 1805

.............. nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
Così la retorica manzoniana pronuncia il suo impalpabile giudizio su "Le Petit Italien", Napoleone, che non fu certo portatore di Liberté, Égalité, Fraternité. Non lo fu in Spagna, dove ispirò i "Disastri della Guerra" di Francisco Goya, non lo fu in Italia come ci racconta Franco Bifani in questo articolo. 
Napoleone a Lugagnano Val d'Arda
I partigiani parmensi del 1805

Ambrogio carissimo, ho letto, di recente, notizie su una ribellione dei contadini e montanari piacentini e parmensi, contro Napoleone, a cominciare dal dicembre 1805 e presto soffocata nel sangue, solo un mese dopo, che ebbe come epicentro di resistenza alle truppe francesi anche Salsomaggiore, Borgo S. Donnino, pur se solo marginalmente, e Scipione.
La scintilla si accese a Castel San Giovanni, dove erano stati riuniti parecchi uomini, rastrellati nelle valli piacentine, per formare un corpo militare regionale di 6.000 uomini, a servizio del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.  
Il contingente di Castel San Giovanni era al comando del colonnello Botti, il quale istigava i suoi soldati alla rivolta. Erano infatti chiamati a combattere, forzatamente, lavoratori e artigiani, costretti a lasciare la loro professione, senza compenso. Inoltre, i francesi requisivano i muli, indispensabili, nei paesini di montagna. La rivolta si estese sull'Appennino, dove bande di rivoltosi armati occuparono Bobbio, Bardi, Stradella, Salsominore, Lugagnano e Castell'Arquato, stanchi per le continue requisizioni e spoliazioni condotte dalle truppe napoleoniche. I ribelli erano soprattutto osti, mulattieri, contadini. Ne presero parte anche alcuni sacerdoti di basso rango e poveri. I ribelli, alla vigilia di Natale 1805, erano già padroni, dalle nostre parti, di Salsomaggiore e di Scipione, dove li guidava Giuseppe Bussandri, detto Mossètta, proclamato Generäl dagli insorti, che poi liberarono anche Pellegrino. 


Museo Civico del Risorgimento Musini di Fidenza
Napoleone e Maria Luigia
Alla fine di aprile, 23 coscritti vennero arrestati a Piacenza e condotti nelle prigioni di Borgo San Donnino. Dieci di essi, la notte del 31 maggio, riuscirono però a fuggire, e continuarono cosi ad alimentare nuove ribellioni.
Questa insurrezione è stata però relegata nel dimenticatoio dagli storici. Si conosce solo la tesi inedita di F. degli Esposti, “L’insorgenza antifrancese degli anni 1809-1810 nella montagna bolognese”, (relatore prof. U. Marcelli), dell'Università di Bologna, anno accademico 1975-76.
Ho poi ritrovato, sul web, la lettera di Eliseo Bussandri alla “Gazzetta di Parma” (18 marzo 1975), che rivendicava il sacrificio del suo avo, Giuseppe.
Eliseo Bussandri, partigiano nella Brigata Garibaldina durante la Resistenza, con il soprannome “Mossetta”,  caratteristico della sua famiglia, non era a conoscenza delle imprese del suo avo, ignorato dalla storiografia ufficiale.
Giuseppe Bussandri “Mozzetta” era nativo di Scipione Castello.
Fu catturato nello scontro di Castell'Arquato, nel marzo 1806, e fucilato il primo maggio del 1806, a poco più di quarant’anni, dopo essere stato spogliato di tutti i suoi beni, secondo gli usi di allora. Il processo fu celebrato a Parma, da un tribunale composto da ufficiali francesi.

Francisco Goya - I disastri della guerra
Aveva guidato gli insorti in parecchie imprese di guerra contro l’esercito napoleonico, spronando ed incitando la popolazione alla libertà per la loro terra. Il nomignolo di“Mozzetta” gli fu dato perché faceva mozzare due dita della mano destra ai prigionieri francesi, rendendoli così inabili alla guerra, e poi li rimandava liberi. 
Giuseppe Bussandri conta ancora molti discendenti, a Salsomaggiore, giustamente fieri di quanto operò il loro antenato per difendere la libertà della nostra terra e dei suoi abitanti, ed è considerano un martire dell’indipendenza e precursore dei partigiani. Infatti, quei ribelli si contraddistinguevano dal tricolore bianco, rosso e verde sul cappello e per questo motivo erano chiamati “Soldati della coccarda”.
Ho trovato parecchie analogie tra quella breve insurrezione e la lotta partigiana, sul nostro Appennino. I soldati francesi erano forse peggio delle SS, uccidevano donne, vecchi e bambini, li derubavano di tutto, stupravano le donne, incendiavano interi paesi. 
Tutto dietro sollecitazione di Napoleone, le cui gesta omicide erano pari a quelle decise da Kesselring. Ed anche gli insorti per la libertà erano degradati al rango di banditi e briganti, così come le SS chiamavano “Banditen” i partigiani. Per la nostra zona, su questi eventi, non ho trovato altro, dato che gli scontri più sanguinosi avvennero sui monti, specie in Val di Tolla, sempre come per i nostri partigiani.
Franco Bifani

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