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venerdì 12 aprile 2013

La “Pietà" scolpita nell'ulivo di Rino Sgavetta



La Pietà di Sgavetta nel commento del critico d’arte Marzio Dall’Acqua: 
“Il nodo del dolore si scioglie nell’Eterno”


Nonostante la pioggia, la sera della vigilia delle Palme, in molti si sono riuniti nella chiesa di San Giuseppe per rendere omaggio a Rino Sgavetta che donava la sua “Pietà” intagliata in una radice di ulivo. Il parroco don Felice Castellani ha fatto con la sua tipica gioiosità gli onori di casa (pardon di chiesa). Scusandosi dell’assenza del Vescovo, impegnato fuori Diocesi, ha riferito che Sua Eccellenza ha onorato comunque lo scultore con una visita molto cordiale nella sua casa ed è venuto due volte in chiesa a vedere la sistemazione dell’opera.

Il critico d’arte, dott. Marzio dall’Acqua, invitato a presentare la scultura, ha commentato come l’applauso scaturito allo scoprimento della “Pietà” da parte dell’autore, sia stato “molto caldo, affettuoso”, sicuramente per il concittadino Rino che tutti conoscono ma soprattutto rispetto all'opera, che così “è stata accolta, accettata nel luogo sacro”.
Partendo dalla “bellezza della materia” ha detto che “l’ulivo è sì la pianta che rappresenta la sofferenza, ma anche la pianta della ricchezza, la pianta che dà in abbondanza”. Ha quindi ricordato un ulivo delle nostre colline, di novecento anni, talmente enorme da spaccarsi in quattro - per cui hanno dovuto cingerlo – “e continua a dare frutti, nonostante il “cuore esposto”!
“Il cuore, in questa scultura - ha proseguito - è quello che Sgavetta ha saputo tirar fuori, un cuore che trasferisce la materia del legno a un’emozione che è in questo contorcimento, in questo impatto. Il legno diventa mediatico… diventa braccia, diventa gambe che cercano disperatamente, con forza, con dolore, di trovare…
Ma torniamo al tema della “Pietà”. Essa si compone da sempre in una forma triangolare, in un elemento simbolico forte: in alto la Madonna, figura centrale, sulle ginocchia il Cristo.
Il senso della sofferenza, del dolore universale è espresso in una vibrazione del legno, “caldo, lucido”, che si traduce in “un urlo umano che grida contro la morte, contro l’assurdità che ci sta davanti”.
Dall’Acqua ha proseguito descrivendo “l’artista antico come artista della grazia e della bellezza prima della Rivoluzione francese”. Dopo, con la Rivoluzione industriale e la nascita del romanticismo che recupera il sentimento e l’audacia a esternare le proprie sensazioni, l’amore e l’odio, “non c’è più il controllo della grazia e dell’armonia. Il ‘900, il secolo appena concluso, è invece quello dell’emozione.
Non possiamo guardare quest’opera con l’occhio del sentimento (che richiede il linguaggio della figura). Questa è un‘opera aniconica (non ha immagine) ”.
Richiede quindi di concentrarsi a percepire la materia per arrivare all’emozione, emozione del dolore eterno che ha bisogno di sciogliersi, come groviglio di fronte all’inevitabilità della morte ... “Non è detto che la Pietà di Michelangelo sia più religiosa di questa. Là c’è un’emozione stratificata che ci portiamo dietro da secoli; qui c’è un’emozione immediata… da accarezzare con gli occhi e con le mani”.
Nel suo breve intervento l’assessore alla Cultura Zanettini ha portato i saluti dell’Amministrazione comunale e ha ringraziato Sgavetta che donando un’opera alla chiesa di San Giuseppe, ha fatto un regalo alla città.
La materia di cui si compone la “Pietà” è il legno d’ulivo, che nella religione cristiana è pianta simbolica e sacra. Dal momento in cui una colomba portò a Noè un ramo d’ulivo dopo il diluvio universale, assunse un duplice significato: diventò il simbolo della rigenerazione perché, dopo la distruzione, la terra tornava a fiorire; diventò anche simbolo di pace perché attestava la fine del castigo e la riconciliazione di Dio con gli uomini. Ambedue i simboli sono celebrati nella festa cristiana delle Palme, dove l’ulivo rappresenta il Cristo stesso che, attraverso il suo sacrificio, diventa strumento di riconciliazione e di pace per tutta l’umanità. Sacro è anche l’olio che viene dai suoi frutti. Infatti l’olio d’oliva è il crisma, usato nelle liturgie cristiane dal Battesimo all’Estrema Unzione, dalla Cresima alla consacrazione dei nuovi sacerdoti. La pianta d’ulivo è vicina a Gesù nel momento della gioia, quando la folla lo acclama a Gerusalemme agitando rami d’ulivo e di palma; e nel momento del dolore, quando nell’Orto degli Ulivi egli trascorre le ultime ore prima della Passione. Fa piacere qui ricordare anche le altre opere che Sgavetta ha donato. Nel 1993, tre dipinti a olio al Comune di Fidenza: “Quercia a Pellegrino”, “Nevicata a Pietranera”, “Gruppo di case a Bacedasco Alto”. Nel 2007, sei dipinti a olio all’Ospedale di Vaio: “Tornando dal mercato”, “Il vecchio boscaiolo”, “Il paziente”, “Piazza San Marco”, “Paesaggio” (dintorni di Fidenza), “Paesaggio con papaveri” (Cabriolo).

Nel 2008, una grande tela al Comune di Fidenza (ora a Casa Cremonini): “Il pellegrino sulla Via  Francigena”. Nel 2009, una scultura di legno alla chiesa di Bastelli: “Invocazione”.
Nel 2010, una scultura di legno ora nel Museo del Risorgimento di Fidenza: “Auschwitz” (per onorare “Il giorno della memoria”). Aveva pure donato un grande quadro eseguito insieme ai pittori Renica e Fontana per la cappella del cimitero di Fornio, in ricordo e in omaggio di Oreste Emanuelli, che ora pare essere in cattive condizioni insieme alla cappella chiusa da tempo.
Ora, nella chiesa dove anni fa hanno risuonato i violini costruiti con mirabile maestria dal fratello di Sgavetta, Pietro Remo, anche lui autodidatta, deceduto troppo presto (il memorabile concerto di giovani era stato diretto dal maestro Giovanni Chiapponi), Rino lascia una sua testimonianza di arte e di fede. Una bella foto della “Pietà” appare sul prestigioso catalogo dell’opera di Sgavetta curato dal dott. Dall’Acqua con la collaborazione della scrivente e da poco dato alle stampe. Si spera possa essere presto presentato, magari insieme a un’esposizione di lavori dell’artista. 
La serata in San Giuseppe è stata arricchita anche da un’altra applaudita donazione: due dipinti a spatola a tema pasquale di un parrocchiano, ultranovantenne, il pittore Angelo Salvatore, che già aveva offerto altri quadri alla chiesa, tra cui le venti scene del Rosario esposte nella cappellina.
Ecco allora che possiamo mettere a confronto la grande storia, che viene sempre divulgata e la piccola storia, che spesso rimane sconosciuta, ma tutte e due sono preziose davanti a Dio. Nello stesso giorno, mentre a Roma s’incontravano due Papi, Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI, in un abbraccio fraterno (evento straordinario mai successo in passato e riportato da tutti i media) a Fidenza due umili artisti affidavano per sempre le loro creature, anche se forse non da tutti comprese, alla chiesa del loro quartiere, come fossero preghiere, passando quasi sotto silenzio.
Mirella Capretti

Articolo di Mirella Capretti pubblicato dal settimale diocesano "il Risveglio" 
di oggi, venerdì 12 aprile 2013



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