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domenica 20 marzo 2016

La curiosa stravaganza – Oratorio per Alfonsina


La curiosa stravaganza – Oratorio per Alfonsina


Fin da piccola Alfonsina sa bene cosa vuole fare: correre sulla “macchina bicicletta”. Così nel 1907, a 16 anni, lascia la Bassa Padana per partecipare a corse ciclistiche in Italia, Russia e Francia; nel 1924 prende parte al Giro d’Italia, unica donna ad averlo mai fatto. 

Pur avendo vinto 36 corse e battuto primati mondiali, la sua figura è spesso liquidata come una curiosa stravaganza: perché stravaganti appaiono spesso passione e coraggio, quando dotano di unicità la propria vita. 
Come la è stata quella di Alfonsina Strada. 

"La curiosa stravaganza" di Daniela Stecconi è il titolo di uno spettacolo che verrà proposto nel teatro dell'ex macello, in via Mazzini a Fidenza venerdì 1 aprile e vedrà impegnata nella parte recitante la stessa Daniela.

Le ho posto alcune domande eccole con le relative risposte

Daniela VS Alfonsina, perché?

Nello spettacolo parlo delle tre leggi* che governano la bicicletta, ed è la terza che esemplifica una dote che caratterizza subito Alfonsina; infatti la terza e ultima legge stabilisce che: “sulla macchina bicicletta il pedalatore è sempre solo, solo con la fame il bisogno le cadute gli incidenti la stanchezza, dal che ne consegue che il pedalatore deve obbligatoriamente essere dotato di una tenacia fatta dello stesso ferro di cui è fatta la macchina”. 
Questo è: io non ho la tenacia di Alfonsina. Non sempre. A volte la perdo: la cerco la cerco...ma dove l’avrò messa? forse mi è semplicemente finita e devo ricostituirla.
Alfonsina invece è la tenacia fatta persona. Mi attrae ciò che mi manca, probabilmente. 

Come Daniela ha scoperto Alfonsina, perché ne ha fatto un personaggio? 

Alfonsina incarna, porta all'estremo, quelle caratteristiche che ne fanno una sorta di archetipo: quello dell’eroina, ad esempio. E’ già personaggio, non necessita della traduzione teatrale. 
Mi è stata fatta conoscere anni fa da un’amica che stava facendo all'università una ricerca nell'ambito del femminile, e venire a conoscenza di questa donna che già nel 1907, a soli 16 anni, da sola, monta in treno con la sua bicicletta per andare a pedalare e correre a Torino, che riesce a partecipare al Giro d’Italia nel 1924, un Giro che ha un’emorragia quotidiana di corridori che rifiutano di proseguire, mentre lei, tenace appunto, lo porta fino alla fine, non poteva non colpirmi. 

La rappresentazione ha una storia, quale? Nel tempo si è trasformata? 
Quando, anni fa, l’università popolare di Gattatico mi chiese un intervento teatrale a tema libero, colsi al volo l’opportunità di lavorare su Alfonsina. 
Per lo scarso tempo che avevo a disposizione, nacque come “oratorio”, in pratica una lettura accompagnata da un sax; ho deciso poi di rivedere il testo, approfondendo la relazione tra la “passione” per la bicicletta, e la “Passione” di Cristo, i cui simboli Alfonsina intravede nella bicicletta fin da subito (corona rosario e aureola, che corrispondono alla corona dentata, la catena e le ruote); le 12 tappe del Giro d’Italia diventano le 12 stazioni della passione di Cristo, una Via Crucis. E di memorizzare buona parte del testo, di teatralizzare il tutto, di usare lo spazio per il movimento, di mettere una bici in scena e di usarla, e di aggiungere le percussioni, usate per essere “anche” –non solo- il battito del cuore di Alfonsina. 


Nel 1924 partecipò al Giro gli “isolati” anche questo per me è novità, vogliamo dare un significato a questo? 
Venivano chiamati anche “diseredati” o “ciclisti di ventura”: erano coloro privi dell’appoggio delle case ciclistiche, e tra di loro c’era anche qualcuno che tentava il Giro per racimolare qualche soldo. Il caso di Alfonsina Strada è diverso: era regolarmente iscritta all’U.V.I., l’Unione Velocipedistica Italiana, come dilettante. 
Non era quindi ciclista di ventura. Ma nemmeno lei aveva una casa alle spalle. 
Isolata, appunto. Il che rendeva ancora più difficile un Giro che era già duro di per sè. Quell’anno, il ‘24, l’iscrizione di Alfonsina venne accettata in virtù del fatto che le case ciclistiche erano in rotta con gli organizzatori del Giro, a tal punto da non far iscrivere nessuno dei loro ciclisti: mancavano nomi come Girardengo, Binda, Pelissier... significava un Giro che non avrebbe riscosso attenzione. 
Alfonsina viene iscritta per questo, per fare attrazione: una stravaganza attira sempre: ma il suo nome venne pubblicato al maschile: n.72 Strada Alfonsin.
Per tutti, per la stampa, per gli altri corridori, era un uomo come gli altri. Solo alla partenza si accorsero della differenza. 
E lì comincia l’impresa epica di una donna che in pieno fascismo sfida il costume che la vuole a casa moglie e madre; sfida gli studi scientifici che non ritengono il ciclismo adatto al sesso femminile; sfida la sua famiglia; sfida le critiche e le maldicenze; sfida gli uomini. E li batte. Circa 60 di loro si ritireranno, lei arriva fino alla fine. Ultima solo in 4 tappe, micidiali anche per lo stato in cui versavano le strade allora. 
Alfonsina non è stata solo un’attrazione, sia chiaro: è stata una serissima sportiva, ha vinto 36 corse, nel 1911 ha battuto il record di velocità femminile. In Francia godeva di grande rispetto, Madame Strada. In Italia, meno. 
In Italia era solo una curiosa stravaganza. E questa si, che è la nostra vera stravaganza: di non dare mai peso a chi ha spessore. 

* le tre leggi della bicicletta sono una mia invenzione teatrale 



Nel 1924 Emilio Colombo direttore della “Gazzetta dello sport” ammise Alfonsina al Giro d’Italia. A quei tempi le strade non erano asfaltate, le biciclette pesavano almeno venti chili, il cambio di velocità non esisteva e nonostante ciò Alfonsina dimostrò che anche le donne potevano compiere la immane fatica ed erano in grado di sostenere lo stress fisico imposto dal Giro .

6 commenti:

  1. Grazie Ambrogio, e ti aspetto il 1° aprile insieme ad Alfonsina.

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  2. Se ne impara una tutti i giorni.Storia bellissima di una vera e propria antesignana dell'uguaglianza dei diritti. Grazie di avermela fatta conoscere.
    Mauro Zuccheri.

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  3. Purtroppo, la famiglia e gli amici e conoscenti non l'aiutarono per niente, anzi, la ostacolarono. Fu il marito ad incoraggiarla. Era anche un'esperta motociclista, girava per Milano con una Guzzi 500, e morì per un incidente, proprio su quella moto.

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    1. Morì crollando sulla sua Guzzi rossa fiammante, è vero: non in un incidente però, ma nel tentativo di metterla in moto per andarla a parcheggiare nella sua officina; l'accensione le aveva dato problemi tutto il giorno, e in quell'ultimo sforzo il cuore, probabilmente già malato, cedette.

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    2. La ringrazio, signora Stecconi; da quanto avevo riscontrato, pareva che fosse morta scivolando sotto la moto, schiacciata dal peso notevole del mezzo.

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    3. Mi farebbe davvero piacere, se potrà e vorrà, che venisse allo spettacolo: un modo di conoscere Alfonsina, anche se mediata da una mia personale lettura. In alternativa, la lettura de "Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada" del giornalista sportivo Paolo Facchinetti, al quale ho fatto riferimento, per l'accurata precisione della ricerca e la validità delle fonti della medesima.

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